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La redazione è a disposizione dei titolari di eventuali diritti d'autore per discutere i riconoscimenti del caso.

 

 


 

«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro
NomeDina
CognomeGalli
Data/luogo nascita06 dicembre 1877 Milano
Data/luogo morte04 marzo 1951 Roma
Nome/i d'arteDina Galli
Altri nomiGalli, Clotilde Annamaria (nome anagrafico)
  
AutoreEmanuela Agostini (data inserimento: 16/03/2009)
Dina Galli
 

Sintesi | Famiglia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Testo completo

 

Biografia

La data di nascita di Dina Galli è ricavata dal certificato di nascita. Nelle voci a lei dedicate nel dizionario di Nardo Leonelli e nell'Enciclopedia dello Spettacolo si indica come anno di nascita il 1875; il Dizionario Bibliografico degli Italiani e il Dizionario dello spettacolo del '900 riportano invece correttamente il 1877.

Figlia dell’attrice Armellina o Ermellina Nesti (a sua volta figlia di uno scrittore fiorentino) e di Giuseppe Galli (impresario teatrale figlio di Luigi Galli buffo comico), Dina Galli è avviata alle scene fin da bambina, quando dopo la morte del padre, la madre è scritturata nella Compagnia Olivieri. Nella biografia-intervista a Dina Galli di Giuseppe Adami non è citata questa esperienza, mentre è invece ricordata la permanenza nella Compagnia Ferdinando Caravati. In ogni caso, l’esordio artistico dell’attrice avviene in tenera età nelle formazioni in cui milita la madre, impiegata per brevi parti in italiano all’interno di spettacoli di prosa e d’operetta. Alcune biografie si soffermano in particolare sull’applaudita apparizione della bambina di soli cinque anni al Politeama di La Spezia in una commedia dal titolo Il primo dolore (o forse si confondono con il dramma omonimo di Carlo Fabricatore?). Questo episodio è però successivamente negato dall’attrice.

Con la madre, tra il 1888 e il 1889, Dina Galli recita nella compagnia di prosa e canto Armellina Nesti diretta da Arturo Merone. Nel 1890 Armellina Nesti è chiamata a sostituire la defunta Giuseppina Giovanelli in qualità di caratteristica della compagnia dialettale milanese diretta da Edoardo Ferravilla (la Ferravilla-Ivon-Giraud). Nei primi anni di permanenza di Armellina Nesti nella formazione milanese, Dina Galli non ha una vera e propria scrittura, ma partecipa occasionalmente agli spettacoli come comparsa. La sua crescente propensione alla recitazione (suggellata dall’applaudita esibizione in un numero di canto di una commedia-rivista intitolata Alla follia!) convince in seguito Edoardo Giraud e Ferravilla a ufficializzare la sua posizione ingaggiandola come generica (nelle sue biografie la si dice scritturata scherzosamente come Dittuttounpo’). Di particolare significato è la sua presenza in El maestrin sentimental una scena comico-musicale scritta e interpretata da Ferravilla con grande successo. 

L’apprendistato con Ferravilla si conclude nel 1900 quando Dina Galli è accolta nella Talli-Gramatica-Calabresi come prima attrice giovane per il triennio comico successivo. L’esordio avviene a Venezia nella parte di Marta in Denise di Alexandre Dumas fils. Virgilio Talli, non del tutto convinto dai suoi risultati nel repertorio serio, riconosce invece la sua eccellenza in quello pochadistico e, limitatamente a questo genere, le affida in breve tempo anche parti di primattrice. 

La consacrazione dell’attrice avviene nel 1902 al Teatro Manzoni di Milano in Loute di Pierre Veber. Altra memorabile prova è quella in La dame de Chez Maxim di Georges Feydeau all’Arena di Verona. Dina Galli assume i panni della protagonista Crevette a seguito del rifiuto di Irma Gramatica, prima attrice della compagnia, di cimentarsi in una parte non adatta alle sue corde drammatiche e di dubbio decoro. L’interpretazione della Galli si distingue da quella delle più applaudite attrici del momento: alla femminilità trionfante della Crevette di Virginia Reiter e di Teresa Mariani si sostituisce una monelleria ingenua. Il pubblico, colpito dall’originalità della sua versione, le tributa continue acclamazioni. 

La notorietà raggiunta da Dina Galli è “siglata” nel 1903 dalla scrittura nella Compagnia di Claudio Leigheb, capocomico che eccelleva quale brillante (e che, tra l’altro, aveva collaborato con Virginia Reiter dal 1894 al 1900 contribuendo a valorizzarne le corde comiche). La necessità di assistere la madre inferma non le consente di rispettare gli accordi. Al decesso della madre, avvenuto nel febbraio del 1903, segue la gravidanza e la nascita della figlia Rossana. La morte di Leigheb nel novembre di quello stesso anno, impedisce la prosecuzione di ogni eventuale progetto artistico. Al momento di rimettersi al lavoro, nel 1904, Dina Galli decide allora di fondare una compagnia propria. In società con Pietro Tarra rileva in blocco la compagnia di Teresa Mariani che si era ritirata dal capocomicato  (acquistandone anche le scenografie e appropriandosi dei contratti nelle diverse “piazze”) e ne affida la direzione ad Andrea Beltramo. Diviene in questo modo il fulcro carismatico di un complesso in cui militano tra gli altri Odoardo Bonafini, Salvatore Rizzotto e Remo Lotti. L’esperienza del capocomicato solitario si ripete ancora nell’anno comico 1905-1906.

Su consiglio di Adolfo Re Riccardi nel 1906-1907 si costituisce la Sichel-Galli-Guasti-Ciarli-Bracci, detta anche “la compagnia dei cinque”. Il gruppo, ai cui vertici si collocano (oltre alla Galli) Amerigo Guasti (che si rivelerà il più fedele collaboratore dell’attrice), Giuseppe Sichel, Stanislao Ciarli e Ignazio Bracci, costituisce il più significativo caso di compagnia d’insieme del teatro del primo Novecento italiano. A questo proposito (riferendosi in verità alla posteriore Galli-Guasti-Bracci) Antonio Gramsci afferma che è l’unica compagnia italiana a «meritare veramente questo nome, poiché presenta organicità di ruoli e graduazioni di capacità, che pur lasciando agio ai princeps di mettere in rilievo le loro doti speciali, non nuoce all’insieme e dà risalto anche alle parti secondarie» (Antonio Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Roma, Editori riuniti, 2000, p. 281).

Con questa formazione Dina Galli allestisce tutte le principali pochades del momento: da L’albergo del libero scambio di Georges Feydeau a Le pillole di Ercole di Maurice Hennequin e Paul Bilhaud, da La prima notte di Arthur Wing Pinero, a La presidentessa e Niente di dazio di Hennequin e Pierre Veber, insieme a qualche titolo di commedia comico-sentimentale come La sfumatura di Francis De Croisett, Friquet di Gyp e Willy e Zazà di Pierre Berton e Charles Simon, in cui l’allegria del personaggio si fonde a note di dolente malinconia. La scelta di preferire, anche in vista del botteghino, l’allestimento di pochades salaci a commedie sentimentali dalle quali Dina Galli si sente maggiormente gratificata è dovuta soprattutto alla volontà di Sichel. La divergenza di opinioni rispetto al repertorio da privilegiare provoca la fuoriscita dell’attore dalla compagnia nel 1909. 

Dopo la separazione da Sichel, la Galli-Guasti-Ciarli-Bracci (che non rinuncia affatto in modo totale alle pochades più in voga) si incentra ancora più fortemente sulla personalità della prima attrice. Secondo una via eccezionale nel panorama teatrale italiano, Dina Galli rifiuta il repertorio serio privilegiando quello comico. Ai testi più leggeri si aggiungono anche un numero progressivamente più consistente di commedie sentimentali in cui l’attrice dà prova di sapere condurre gli spettatori dal riso alle lacrime. Alla ricerca di copioni che, pur non rinunciando al brio delle commedie di stampo francese, mettano in luce interamente il suo temperamento artistico, Dina Galli collabora anche con molti autori italiani. Un incontro particolarmente felice è in questi anni quello con la drammaturgia di Giuseppe Adami, di cui mette in scena La capanna e il suo cuore e Pierrot innamorato, e di Arnaldo Fraccaroli di cui allestisce La foglia di fico.

La risposta del pubblico è costante. Dina Galli, ormai comunemente indicata semplicemente come “la Dina”, è una beniamina delle platee. Nel 1914 esordisce nel cinema nei film muti L’ammiraglia e La monella diretti da Nino Oxilia. A questo secondo film prendono parte tutti i vertici della compagnia teatrale: il cinema tenta di far fruttare su larga scala un riconosciuto fenomeno teatrale, e al tempo stesso la formazione utilizza un nuovo canale per rafforzare la propria immagine.

Nel 1914 Ciarli muore. Il 3 dicembre 1915 la Galli-Guasti-Bracci propone al Teatro Olimpia di Milano Scampolo di Dario Niccodemi, un testo appositamente scritto per sua prima attrice. L’interprete trionfa in una parte che le calza perfettamente e che finalmente le offre un’alternativa alle cocottes delle pochades francesi. La protagonista infatti è vivace e allegra, incline al sentimento, e mai maliziosa e volgare. La fama della Galli, irrobustita anche da questa interpretazione, incrementa notevolmente. La richiesta da parte dei Savoia di recitare a Corte insieme a Guasti in Pace in famiglia di Georges Courteline corona definitivamente la sua ascesa.

Il coinvolgimento dell’Italia nel primo conflitto mondiale rallenta l’attività teatrale della penisola. Durante gli anni di guerra, Dina Galli si cimenta come burattinaia per rallegrare i soldati italiani feriti negli ospedali, portando in giro il burattino Fasulein creato dai bolognesi fratelli Lupi. Sempre negli ospedali si esibisce accompagnata da Guasti alla chitarra recitando La vispa Teresa di Trilussa e altre filastrocche.

Al termine della guerra l’attività della compagnia riprende con regolarità. Dal 1921, a seguito del ritiro di Bracci, Dina Galli continua a collaborare con il solo Amerigo Guasti. Consapevole del primato della collega, Guasti filtra la scelta del repertorio interamente sulle sue doti. Alle pochades d’importazione si aggiungono molti testi italiani di cui una parte espressamente scritti per lei (tra questi Madonna Oretta e Le campane di S. Lucio di Gioacchino Forzano, Chiomadoro di Arnaldo Fraccaroli, La maestrina di Dario Niccodemi). Tra le opere d’importazione compaiono in cartellone La monella di Pierre Veber, Divorziamo! di Victorien Sardou, L’ottava moglie di Barbablù e Banco! di Alfred Savoir, Occupati di Amelia di Georges Feydeau, Florette e Patapon di Maurice Hennequin e Pierre Veber, Il re di Emmanuel Arène, Gaston Arman de Cavaillet e Robert de Flers. Una grande interpretazione è quella in Biraghin di Arnaldo Fraccaroli, cui seguono gli allestimenti di altri testi italiani come Il dono del mattino di Gioacchino Forzano, L’onda e lo scoglio di Alfredo Vanni, La signorina dalle camelie di Piero Mazzolotti, Baldoria di Arnaldo Fraccaroli.

A seguito della morte di Guasti, nel 1926, Dina Galli prende un periodo di riposo nella sua casa di Roma e in quella di Viareggio. Torna alla scene con una formazione finanziata dalla Società Theatralia di Gallieno Sinimberghi, Domenico Cimato e Arnaldo Lupi, con primo attore Enzo Biliotti. Dall’anno comico successivo (1927-1928) fino al 1929 la direzione della compagnia è assunta da Ernesto Ferrero. La principale novità proposta dalla Galli sotto la sua guida è Ginevra degli Almieri di Gioacchino Forzano. Nel repertorio si segnala anche Corallina, fanciulla d’ogni tempo di Arnaldo Fraccaroli. Nel 1928-1929 Luigi Cimara sostituisce Biliotti. Nel marzo 1929 la Galli interpreta nuovamente un testo di Gioacchino Forzano, Jack Broder, la cui parte principale, una stracciona da tutti scambiata per un ragazzo e infine scoperta da un produttore cinematografico, si adatta perfettamente alle sue corde. Nell’aprile 1929 debutta inoltre in una commedia musicale di Guido Cantini, Locanda alla luna.

Nel 1930 si associa a Antonio Gandusio: la collaborazione tra i due attori comici crea molta attesa nel pubblico, ma il continuo contrasto tra le due forti personalità e le difficoltà economiche della Società Sinimberghi cui la compagnia è legata decretano lo scioglimento del sodalizio al termine di un solo anno. 

Nel 1931-1932 la capocomica si lega a Nino Besozzi e Enrico Viarisio. Nel 1932-1933 Nino Besozzi, impegnato in produzioni cinematografiche, è sostituito da Augusto Marcacci. Tra le importati novità messe in scena La piccola Tallien di Giuseppe Adami al Teatro dei Fiorentini di Napoli.

Un secondo tentativo di collaborazione con Gandusio nel 1933-1934 conferma l’incompatibilità della coppia. Antonio Gandusio preme infatti affinché Dina Galli abbracci il ruolo di caratteristica. L’attrice invece non vuole affatto rinunciare al suo primato. Il fallimento della Banca Nemo di Louis Verneuil ad esempio, secondo Gandusio, è motivato dall’ostinazione di Dina Galli a interpretare una parte non più adatta a lei. Le continue tensioni tra i capocomici non impediscono tuttavia alla formazione di ottenere una buona risposta dal pubblico. Tra le novità La barca dei comici di Luigi Bonelli, Alla moda di Dino Falconi e Oreste Biancoli, Milioni di Arnaldo Fraccaroli, e La rivincita delle mogli di Gino Valori. 

Il 1933 segna anche il ritorno della Galli al cinema dopo le apparizioni all’epoca del muto. Sotto la direzione di Amleto Palermi, l’attrice trasferisce sullo schermo una sua importante interpretazione teatrale, Ninì Falpalà, che ottiene però solo un moderato consenso.

Nel 1934-1935 Dina Galli fonda una compagnia solitaria diretta da Romano Calò. Primo attore è Giulio Stival che si fa onore, il 16 ottobre 1935 a Como, a fianco della Galli in Madame Sans Gêne di Victorien Sardou e Emile Moreau. La stessa coppia, nel 1935, è protagonista di uno spettacolo di straordinario successo, Felicita Colombo di Giuseppe Adami. L’eco di questa interpretazione è tale da spingere Adami a scrivere un seguito intitolato Nonna Felicita. Nei due lavori di Adami Dina Galli torna alla recitazione dialettale da cui aveva preso avvio negli anni della sua formazione. Entrambi vengono anche adattati per il cinema (rispettivamente nel 1937 e nel 1938) in due film di grande successo popolare. L’arguta salumaia milanese resterà il capolavoro di Dina Galli e, complici anche gli adattamenti cinematografici, si configurerà nel tempo come l’interpretazione più ricordata della sua carriera. Un tentativo di emulare le commedie di Adami è costituto in teatro anche dagli spettacoli La Ninetta del verziere (diretto nel 1937 da Luciano Ramo) e Paola Travasa (diretto da Marcello Giorda nel 1939) che non suscitano però altrettanti entusiasmi.

A Giulio Stival succedono dal ‘37 al ‘39 Romano Calò e dal ‘39 al ‘40 Marcello Giorda. Tra le novità messe in scena in questo arco temporale figurano L’amica di tutti e di nessuno di Alessandro De Stefani, Lanterna cieca e Donna serpente di Giuseppe Adami,  Evelina zitella per bene di Andrea Dello Siesto, Eva in vetrina di Guglielmo Giannini, Aprite le finestre e Una volta in tutta la mia vita di Carlo Veneziani, Facciamone una donna di Gherardo Jovinelli, Un sorriso sul mondo di Piero Mazzolotti, La moglie di papà di Alessandro De Stefani e Raffaele Matarazzo. 

Dal ‘40  al ‘41 Dina Galli si associa a Nerio Bernardi. Lo spettacolo più significativo del periodo è Madre Allegria di Luis Fernandez De Sevilla e Rafael Sepúlveda, in cui la Galli interpreta la parte di una monaca dal cuore generoso. Dal ‘41 al ‘43 la capocomica affida la direzione della sua compagnia a Corrado Racca. Tra gli allestimenti si ricordano: Passo d’addio di Giuseppe Adami, Il sole a scacchi di Guglielmo Giannini, KL47 di Renato Lelli. 

Alle interpretazioni teatrali alterna quelle cinematografiche: nel 1939 recita, nuovamente con Gandusio, in Frenesia di Mario Bonnard (riadattamento di Alla moda! di Falconi e Biancoli), nel 1941 in La zia smemorata di Ladislao Vajda e in Il sogno di tutti di Oreste Biancoli. Compare in seguito in brevi apparizioni in numerosi film: nel 1942 partecipa a Giorno di nozze di Raffaello Matarazzo, nel 1943 a Stasera niente di nuovo di Mario Mattoli, nel 1944 a Tre ragazze cercano marito di Duilio Coletti, nel 1945 a Lo sbaglio di esser vivo di Carlo Lodovico Bragaglia, nel 1947 a Vanità di Giorgio Pastina, nel 1950 a I cadetti di Guascogna di Mario Mattoli e nel 1951 a Sambo di Paolo William Tamburella. 

Nel 1945 partecipa a alcuni rilevanti spettacoli della Morelli-Stoppa tra cui Fior di pisello di Edouard Bourdet diretto da Ettore Giannini con Nino Besozzi, Paolo Stoppa e Rina Morelli. Nello stesso anno è anche una delle due vecchiette di Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesserling e la medium di Spirito Allegro di Noel Coward.

Associatasi nuovamente a Stival allestisce tra il 1946 e il 1948 Vogliamoci bene e Come si dice di Mario Mattoli, Viva l’imperatore di Sacha Guitry, Gli occhi azzurri dell’imperatore di Ferenc Molnár e Okay oder Die Unsterblichen di Ernst Wiechert. Si unisce poi a Nino Besozzi (1948-1949), e infine con Corrado Racca e Enrico Viarisio. Con quest’ultimo e Milly prende parte alla rivista Quo vadis? di Dino Falconi, Oreste Biancoli, Angelo Frattini e Orio Vergani. Già in precedenza si era cimentata con successo in questo genere (ad esempio nel 1945 in Col cappello sulle ventitré 1945 di Riccardo Morbelli). Quo vadis? è la sua ultima interpretazione. Muore in un albergo di Roma il 4 marzo 1951.

 
Progettazione tecnica a cura di