Legato al personaggio di Arlecchino da lui creato, lo stile attoriale di Martinelli fu senzaltro debitore della tradizione degli Zanni del primo Cinquecento per quanto riguarda luso disinvolto delle posture sceniche che venne da lui interpretato, soprattutto in gioventù, con una forte sottolineatura acrobatica. Non dimenticò mai, e ne fece anzi unarte efficacissima e di successo, il versante ‘terrestre di quella tradizione praticando un repertorio di situazioni triviali e corporee che si richiamano alla convenzione dei buffoni cortigiani. Come risulta dalliconografia a lui relativa le due componenti stilistiche si alternano in un richiamo ora alla leggerezza poetica e ora alla bestialità istintiva. Grazie ai documenti del suo linguaggio conservati nellepistolario o indirettamente ricostruibili attraverso le tracce da Martinelli lasciate nelle commedie di Giovan Battista Andreini, alla tecnica gestuale egli accompagnò una miscela di soluzioni linguistiche che inclinano verso il delirio del non sense e la dispersione dei significati. Lesplicita parodia dei discorsi accademici, cortigiani e letterari di cui amava produrre il rovesciamento, non gli impedì di raccogliere, con tecnica più romanza che rinascimentale, il consenso dei principi presso i quali spesso si esibì in recite solitarie a imitazione dei buffoni medievali. La sua funzione di leader indiscusso del panorama comico professionale tra 1580 e 1630 gli consentì di dettare molte regole nella gestione delle formazioni comiche del tempo, collaborando spesso con figure altrettanto influenti come gli attori drammaturghi Pier Maria Cecchini e Giovan Battista Andreini, negoziando la sua parte in commedia con artisti quali Isabella Andreini e Francesco Andreini. Tutti costoro lasciarono che Martinelli ricavasse in ogni ciclo di rappresentazioni uno spazio speciale, ora come solista e ora come personaggio fortemente caratterizzato.
Fondamentale nella definizione del suo stile recitativo lassunzione e costruzione della maschera e del costume di Arlecchino. Il personaggio è una creazione dovuta allingegno drammaturgico di Martinellie realizzata come risposta a quanto a lui richiesto dal mercato teatrale del nord a cui lattore mantovano guarda al momento di intraprendere i suoi viaggi teatrali. Per rispondere a quella domanda lattore si ingegna a modellare un personaggio che, tenendo conto delle sue caratteristiche recitative, possa raccogliere il consenso di un pubblico tanto lontano. Quando tornerà in Italia il prodotto di quel ‘negoziato sarà a sua volta adattato alle aspettative degli spettatori nostrani. In questo senso la sua interpretazione del mansionario degli zanni del primo Cinquecento alla luce delle aspettative delle due realtà culturali a lui contemporanee (quella padana e quella doltralpe) è unoperazione di meticciato linguistico e artistico di grande modernità. Il ricorso a un idioma che mescola lessico e fonemi di origine francese e italiana, lombarda e veneta, latina e toscana, è la trascrizione linguistica di un costume di scena (attillato e variopinto di colori) che rimanda da una parte alla tradizione giullaresca e dallaltra ad unimmagine diabolica ingentilita.
La confusione di tratti realistici bassi e volgari con slanci che oggi potremmo definire surreali, deriva infatti da una cultura folklorica che ha radici tanto nel territorio mantovano quanto in quello del nord dellEuropa. Al centro sta unambigua sintesi di attrazione e paura per il regno dei morti. Arlecchino, che nelle leggende medievali viene evocato come condottiero di una processione di fantasmi nelle notti dinverno, è per metà umano e per metà diabolico. Può sfidare i diavoli essendo lui stesso capace di diavolerie, il suo corpo è dotato di poteri metamorfici al pari degli spiriti folletti, la sua maschera è un segno di morte e il suo abito un segno di vitalità. LArlecchino di Martinelli è capace di andare allinferno e tornare indenne sulla terra ma anche di favorire la fertilità e la procreazione, Metà uomo e metà diavolo possiede una ridondanza corporea che non avranno gli attori interpreti della stessa maschera nei secoli seguenti. Pur essendo, per queste ragioni, uno degli ultimi testimoni delle radici medievali del repertorio comico, letterario e teatrale derlla Commedia dellArte delle origini, simpone anche come prototipo di un mito scenico destinato ad attraversare i secoli fino ad oggi.
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